Benché le recenti edizioni commentate abbiano portato notevoli acquisizioni, i problemi relativi alla cosiddetta Questio de aqua et terra sono ancora numerosi, sia sul versante della trasmissione del testo, sia su quello della sua interpretazione. In particolare è stata più volte affermata, fra gli altri da Bruno Nardi, l’effettiva incompatibilità tra quanto viene affermato in Inferno XXXIV, 121-126 o nella Questio riguardo alla presenza o meno di terre emergenti dalle acque nell’emisfero australe, nonché ai processi grazie ai quali possono essere emerse quelle dell’emisfero boreale. È possibile ricomporre le contraddizioni ipotizzando che Dante parli in un caso in modo allegorico-fittizio e nell’altro in modo scientifico? Ciò, in ultima istanza, condurrebbe ad affermare che egli assegna al suo ‘poema sacro’ lo statuto di un’allegoria dei poeti. Ma, si è detto, intorno al 1320-21 ha cambiato le sue opinioni, al punto da tentare di correggere le affermazioni ‘compromettenti’ sulla caduta di Lucifero in Paradiso XXIX, 49- 54. A un esame ravvicinato questa interpretazione sembra però insostenibile, e si deve quindi riproporre il problema della coerenza fra il pensiero e la poesia di Dante in un preciso periodo della sua vita (1319-1321).