La questione ecdotica della Commedia, riaperta a metà degli anni Novanta da A. Lanza e F. Sanguineti e quindi alimentata da impegnative e proficue ricerche per opera di numerosi studiosi, può trovare finalmente un approdo (ovviamente provvisorio) nella revisione del testo costituito da G. Petrocchi per l’Edizione Nazionale (1966-1967). Il riesame della tradizione manoscritta, spintosi ben addentro alla “selva” dei testimoni recenziori (soprattutto grazie a Sanguineti e al gruppo coordinato da P. Trovato), mi permette per un verso di confermare la valutazione di Barbi, Vandelli e Folena circa il carattere largamente e progressivamente (nel tempo) contaminato del testimoniale; e, per altro, di precisare il quadro “tipologico”, se non rigorosamente genealogico, su cui può fondarsi l’edizione: 1) una vulgata amplissima e ricca di varianti interne; 2) una esilissima linea di tradizione indipendente, il cui migliore testimone è il ms. Urbinate lat. 366; e 3) il “primo testo critico” del poema, allestito a Firenze nel 1330 da Forese (Donati?), grazie al raffronto fra antichissimi testimoni oggi perduti. Come già visto da Petrocchi, l’accordo fra l’Urbinate e i documenti foresiani (collazione Martini e ms. Trivulziano 1080) offre all’editore un primario punto di riferimento. Mentre i più antichi codici della vulgata riescono indispensabili nei rari casi in cui Mart Triv Urb si accordano in lezione deteriore (per es. pietà in luogo di piota, a Par XVII 13), e là dove, meno raramente, il testo di Forese e l’Urbinate divergono. Altro aspetto importante della revisione è l’assetto fono-morfologico che si propone al lettore: al metodo ricostruttivo seguito da Petrocchi, sul modello offerto dalla Vita nuova barbiana, sembra oggi preferibile la riproduzione fedele (non però acritica) di un testimone “base”.