Nel viaggio ultraterreno di Dante, il Purgatorio rappresenta un pellegrinaggio di penitenza, un modo di satisfactio operis, come insegnavano la teologia e la predicazione del tempo, e come indicava la pratica del Giubileo del 1300. Si torna alla “purità” “per gradi e per iscala”, predicava Giordano da Pisa, e tale schema è trasformato dalla poesia di Dante nel racconto di una scalata dalla spiaggia del Purgatorio al giardino dell’Eden. La montagna assume un ruolo dominante, dando rilievo alla graduale purificazione attraverso le sette cornici dove si puniscono altrettanti vizi e si apprende il significato delle opposte virtù. Entrando nel Purgatorio, Dante è l’everyman che compie tutti gli atti del rito sacramentale della confessione ed è ammesso in uno spazio liturgico, nella chiesa dei penitenti. Infine, l’incontro con Beatrice è il momento di una penosa ma necessaria confessio oris resa con lagrime e sospiri. Da questo punto il tema purgatoriale è superato e lascia spazio al rito dell’immersione nei fiumi edenici, allegoria di un totale rinnovamento.
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La pratica liturgica, che si compone di una vasta gamma di cerimonie e di preghiere, di gesti, canti e parole, accompagna tutto il percorso di Dante viator nel Purgatorio. Vi sono riti comunitari e individuali, che però implicano sempre una partecipazione misteriosa del divino ed hanno un effetto di purificazione, di rinnovamento, di rigenerazione. Oltre alle complesse e articolate azioni che si svolgono all’ingresso, al culmine, nella prima notte, tratterò anche di quel rito più modesto che avviene al superamento di ogni cornice con la recita di una beatitudine.
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Dante - con un elemento di rottura rispetto al genere del viaggio oltremondano - nella sua ascesa al Purgatorio sogna. Quali sono i suoi modelli? Quale il ruolo dei sogni, che valenza simbolica e strutturale hanno? Percorsi letterari, biblici, mitici e filosofici cooperano alla creazione di una mise en abyme di eccezionale potenza e di fondamentale importanza per il complesso e instabile equilibrio tra autore, narrans, personaggio nel loro reciproco e progressivo modificarsi.
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Partendo dalla scomposizione paradigmatica di Dante in personaggio, narratore e poeta, nella sua autorappresentazione nel Purgatorio si sono seguite due linee direttive principali mirando a individuare i caratteri connotativi del pellegrino e dell’autore che nella cantica mediana forse come mai nel poema si compenetrano e si intrecciano. Le nozioni di libertà e di umiltà nutrono la definizione dell’uno, dell’altro e della loro sovrapposizione mentre sullo sfondo autobiografico e storico che ha accompagnato la composizione dei versi purgatoriali David, Stazio, Virgilio e Beatrice fungono da punti focali per l’edificazione in fieri del “poeta sacro” nel Paradiso.
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In cosa consiste, e a chi si addice, la “gloria della lingua” di cui parla il miniatore Oderisi da Gubbio a Dante nel canto X del Purgatorio? Proveremo a capirlo ripercorrendo i passaggi della seconda cantica, dalla cornice dei superbi a quella dei lussuriosi, nei quali si fa esplicita menzione di poeti e poesia nel “parlar materno”.
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